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L’uso rituale della cannabis in Africa: i “figli della canapa”

L’uso rituale della cannabis in Africa: i “figli della canapa”

Di: Pippi Contini Culture

In questo post parleremo dell’uso rituale e tradizionale della pianta della canapa nel continente africano ed in particolare presso la tribù dei Bashilange.

Secondo gli antropologi e gli storici, le differenti tradizioni culturali, le differenze climatiche, le pratiche medicinali, così come gli elementi storici, politici, legali ed economici, hanno giocato un ruolo importante nell’impiego della cannabis nelle diverse società e per diversi gruppi culturali, generando differenze sostanziali nell’uso e nei contesti legati all’uso della pianta.

Warf (2014) suggerisce che, se da una parte sono numerosi gli studi che riportano la storia della cannabis concentrata sulla proibizione promossa dagli Stati Uniti, altri tipi di studi sembrano essere sorprendentemente rari.

Rimane, quale importante riferimento, il testo del 1975, Cannabis and Culture, che raccoglie relati storici sull’uso della cannabis per esempio in Brasile, Jamaica, India, Sud Africa, Colombia ed Etiopia.

Il culto africano della canapa
Nonostante la pianta della cannabis non sia autoctona nel continente africano, dalla sua introduzione avvenuta più di sei secoli fa, si sono diffuse diverse tradizioni che ne collocano l’uso nell’ambito religioso, rituale e medicinale.

A parte l’Egitto, in cui – come conseguenza delle influenze dell’India e della Persia –  la pianta della cannabis è stata coltivata per più di mille anni, i primi ritrovamenti archeologici della pianta nel continente africano risalgono al XIV secolo in Etiopia dove furono rinvenute due pipe in ceramica con resti della pianta (Van Der Merwe, 1975).

Secondo Du Toit, da quando la cannabis è stata bandita in Egitto nel III sec. d.C. e resa punibile dalle leggi religiose e dalle autorità giudiziarie, diverse comunità musulmane intenzionate a coltivarla, migrarono verso sud introducendo la cannabis in Etiopia.

Intorno al XVI secolo dopo Cristo, i flussi commerciali tra l’Arabia, la Turchia, l’India e la Persia con le coste orientali dell’Africa, permisero ai commercianti arabi di introdurre la cannabis nelle zone più a sud dell’Africa (Embolden, 1972).

Dall’Etiopia poi, i semi di cannabis furono poi trasportati a sud dalle tribù Bantu originariamente abitanti nel nord Africa, e da loro l’uso della canapa come psicotropo si estese ad altri nativi africani, come i Boscimani e gli Ottentotti.

Ci sono diversi esempi documentati di come la cannabis sia stata associata a differenti simboli nelle tribù africane ed a credenze religiose e magiche.

L’uso rituale della cannabis in Africa: i “figli della canapa”

La diffusione della cannabis nel continente africano secondo Brian Du Toit (1975)

I “figli della canapa”
Uno dei racconti più interessanti che riguarda l’uso della cannabis in Africa è quello che si riferisce ai Bashilange, una tribù del Congo che fu trasformata dalla pianta, da un gruppo di guerrafondai in un popolo pacifico e benevolo.

Herman von Wissman, un esploratore tedesco, racconta di come i Bashilange, fossero in continuo conflitto con le tribù ed i villaggi vicini, e questa prassi rappresentava un vanto, tanto che gli anziani del villaggio facevano sfoggio di numerose cicatrici tra i tatuaggi.

Intorno al 1850 iniziò a stabilirsi il culto del fumo della cannabis ed iniziarono a farsi chiamare Ben-Riamba, “Figli della canapa”.

Per la tribù la canapa aveva poteri magici, capaci di combattere qualsiasi tipo di demonio ed offrire protezione nelle guerre e nei viaggi.

La pipa assunse un significato simbolico analogo alla pipa della pace per gli Indiani d’America. Non c’era più un evento festivo, un accordo commerciale o un trattato di pace in cui la pipa non fosse presente.

Il gruppo trovò un numero crescente di seguaci, disposti al dialogo e meno barbari, al punto da iniziare a creare un sistema di leggi volte a proibire di portare armi nei loro villaggi e ad eliminare alcune antiche pratiche (tra cui il cannibalismo).

La transizione dai conflitti alla pace, fu solo uno dei cambiamenti avviati con il culto della canapa. Una regione intera iniziò così a basarsi sulla cannabis (chiamata Riamba), che divenne simbolo di protezione, magia e pace.

Per le cerimonie religiose, che normalmente avvenivano di notte, dopo essersi spogliati ed essersi rasati i capelli, i Bashilange si sedevano in circolo e fumavano cannabis da delle larghe pipe. La cannabis era inoltre consumata in tutte le circostanze importanti così come a conclusione di tutte le alleanze, ed assunse speciale importanza nella giurisprudenza. Ad ogni nativo accusato di aver commesso un crimine era richiesto di fumare finché ammettesse il crimine oppure perdesse conoscenza.

Non tutti i Bashilange mostravano una disposizione positiva verso il nuovo culto, soprattutto la nobiltà fu scossa dai nuovi cambiamenti.

Le nuove leggi di fraternità cancellarono le distinzioni di classe e dopo l’adozione del nuovo culto, i Bashilange soffrirono un grave impoverimento, dal momento in cui era stata soppressa la consuetudine di far pagare dei tributi alle tribù soggiogate.

Adesso, quelli che erano i loro precedenti maestri, avevano rinunciato alle lance per la pipa, i popoli vassalli rinunciavano a pagare le tasse e senza partecipare alle guerre i Bashilange non avevano modi per assecondare le necessità.

Tutti questi problemi raggiunsero il culmine intorno al 1876 quando esplose una seria ribellione contro i capi. Il capo, suo fratello e sua sorella furono accusati di aver ucciso un uomo con la stregoneria. Si trattava di una calunnia, ma quando gli accusati furono obbligati a fumare fino a perdere i sensi per dimostrare che erano accuse fasulle, furono attaccati e pugnalati dai loro nemici e salvati dalla morte da altri membri della tribù. I cospiratori dovettero fuggire dal villaggio per non essere riusciti ad ammazzare la famiglia reale. Questo fu solo il primo degli eventi che portarono la cultura avversa all’uso della cannabis ad avere la meglio e a decretare la fine della coltivazione di “riamba”.

 

Bibliografía
Abel, E. 1980. Marihuana: The first 12,000 years. Nueva York: Plenum Press.

Du Toit, B. M. 1975. “Dagga:  Cannabis Sativa in Southern Africa.” In Cannabis and Culture.  Ed. Vera Rubin.  Chicago:  Mouton Publishers.

Du Toit, B.M. 1977. “Historical and Cultural Factors Influencing Cannabis Use Among Indians in South Africa”. In Journal of Psychedelic Drugs, 9: 235-46.

Embolden, W. A. 1972.  “Ritual Use of Cannabis Sativa L.” In Flesh of the Gods.  Ed. Peter T. Furst.  New York:  Praeger Publishers.

Kaplan, J. 1970. Marijuana – The New Prohibition.  Cleveland:  The World Publishing Company.

Rudely, R. 1994. Essential Substances.  New York:  Kodansha International.

Van Der Merwe, N.J. 1975.  “Cannabis Smoking in 13th-14th Century Ethiopia:  Chemical Evidence.”  In Cannabis and Culture.  Ed. Vera Rubin. Chicago:  Mouton Publishers.

Von Wissman, H. 1891. My Second Journey Through Equatorial Africa. London: Chatto & Windus.

Ward, B. 2014. “High point: an historical geography of cannabis”. In Geographical Review, 104 (4): 414–438.

Zetterstrom, K. 1966. “Bena Riamba, Brothers of the Hemp”. In Studia Ethnographica Upsaliensia, 26: 151-65.

Photo Credit: Wikimedia

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