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La cannabis: un contributo per incrementare posti di lavoro

La cannabis: un contributo per incrementare posti di lavoro

Di: Pippi Contini Attivismo

In appena un anno l’impulso di diversi stati americani verso la legalizzazione della marijuana ha già generato più di 26.000 posti di lavoro.

Si tratta di un importante incremento dei posti di lavoro full time relazionati in qualche modo alla cannabis.

L’offerta è varia. Si va da buffet di avvocati specializzati sulla cannabis, a elettricisti per i growshop, manutentori per sistemi di irrigazione idroponici, compagnie di assicurazione, agenti di commercio, ed una lunga lista di mestieri come: coltivatori, raccoglitori, commessi di grow shop, guide turistiche della cannabis (figure professionali che indicano dove comprare semi ed accessori), rappresentanti di vendita, disegnatori grafici capaci di inventare packaging specifici, creatori di contenuti web (articoli e notizie), assistenti di laboratorio, etc.

Esistono già alcune pagine web dedicate alla ricerca di lavoro nell’ambito della cannabis come per esempio Cannajobs o 420 Careers.

È un mercato che richiede di personale altamente specializzato, come per esempio le figure di:

  • ‘sommelier della marijuana’: esperti cioè nell’elaborazione di prodotti gastronomici derivati dalla cannabis;
  • ‘tecnici di illuminazione’: non fotografi provetti nell’immagine della pianta, ma esperti professionisti capaci di progettare e realizzare impianti idonei al controllo della qualità e della quantità di luce necessaria alla pianta.

Secondo un documento del New Frontier per il 2020 il mercato della marijuana legale negli Stati Uniti creerà più di 250.000 posti di lavoro, senza contare con la possibilità che nuovi Stati si aggiungano alla lista degli Stati in cui l’uso medicinale o ricreativo è permesso.

La cannabis: un contributo per incrementare posti di lavoro

 

Se guardiamo all’Italia potremmo supporre una crescita simile (sicuramente non in termini di numeri) in relazione alla canapa industriale. La legge sulla coltivazione della canapa entrata in vigore lo scorso gennaio, ha aperto le porte alla creatività imprenditoriale di molti giovani, e meno giovani italiani.

Si sono moltiplicati gli ettari coltivati a canapa, con un conseguente aumento dell’impiego di agricoltori e persone impegnate, per esempio, nel processo di semina e raccolto. Sono aumentati i prodotti derivati e gli ambiti di impiego della pianta, si è aperto un intero mercato con prodotti con CBD ed è vertiginosamente aumentato il numero di grow shops fisici e di negozi online, pagine web e blog dedicati alla canapa a 360°.

Sono stati realizzati progetti nuovi come il negozio di talee a Milano, o la Cannabis Light che ha spopolato nel mercato, generando crescente richiesta di fiori di canapa.

Quello della canapa è sicuramente un mercato in espansione che sta destando moltissimo interesse in categorie trasversali di imprenditori, ed è facile supporre che per molte figure professionali, tecnici, ricercatori, agricoltori,’ si stiano aprendo nuovi scenari lavorativi.

Il caso citato degli Stati Uniti dimostra come la legalizzazione della cannabis potrebbe completare lo scenario italiano del business della canapa.

Basti pensare che “il 50% dei club cannabici della Catalogna son gestiti da italiani. Danno lavoro a 3.000 persone. Assunte ed in regola con i contributi” (L’Espresso, 17 settembre 2017, pag.65).

Sono gli “emigrati della cannabis” che hanno optato per vivere in paesi dove le leggi sull’uso ricreativo sono più permissive e le possibilità lavorative nel settore della cannabis più accessibili.

Non esistono ancora dati in merito, ma possiamo sicuramente affermare che oltre che per le sue qualità medicinali e ricreative, la cannabis aiuta il Welfare offrendo nuovi posti di lavoro e crescita economica. Le ragioni per la legalizzazione sono sempre più contundenti, lasciando i proibizionisti con sempre meno argomenti.

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